Una
recente intervista al celebre urbanista Pier Luigi Cervellati ha riacceso a
livello nazionale il dibattito sui nostri Centri Storici. Un tema non nuovo,
divenuto di grande attualità in questi ultimi tempi a fronte dei continui
fenomeni intervenuti.
Anche
se le problematiche denunciate dallo Studioso toccano più da vicino le grandi
città (Venezia, Firenze, Roma, etc.), la questione riguarda tutti i Centri
Storici, che continuano a subire forti spinte che ne trasformano la natura. Per
una singolare coincidenza, anche a Lucca (non a caso siamo in “bassa stagione”)
il dibattito viene rinfocolato da una serie di osservazioni suggerimenti e
proposte, autorevoli e qualificate.
I
problemi sono ben noti: città d’arte invase da moltitudini crescenti di turisti
e crocieristi, proliferare di piccoli punti di ristoro (trattorie, pub,
paninerie), masse di eventi a getto continuo
(non sempre di livello), la sparizione delle antiche botteghe, delle
pregiate lavorazioni artigianali, la sostituzione di Puccini con il dilagante
Spotify, ogni centimetro quadrato occupato da seggiole e tavolini (da città
delle cento Chiese alla città dei mille tavolini); proliferare di negozi di
abbigliamento, appartamenti affittati a tempo; esplosione ingovernabile dei
canoni; esodo degli abitanti; spopolamento progressivo e inarrestabile.
Il
fenomeno è ben presente anche a Lucca, con piazze grandi e piccole stuprate da
installazioni che coprono antichi monumenti, che costituiscono da secoli, per
usare le parole del citato urbanista, “Un
tessuto fatto di pregi architettonici, e
di edilizia minuta, di strade che convergono verso un punto di fuga, di
allineamenti; e poi - e soprattutto – di persone con le loro attività e le loro relazioni: e che come tale va salvaguardato.”
Romanticismo?
Nostalgie? Tutti hanno ovviamente il diritto di difendere il proprio punto di
vista, ma il problema di fondo è appunto questo: la profonda trasformazione di
un Centro Storico (anzi di una Città Storica secondo la definizione di
Cervellati) in qualcosa di diverso dalla sua consolidata identità culturale,
che è poi la sua principale forza di attrazione, che trova il suo epicentro
appunto nel Cerchio delle Mura. E’ quella che un noto giornalista, grande
esperto di vita locale, riassume nella significativa espressione di
“Lucchesità”, come forte appartenenza ai luoghi d’origine.
Ed
è questo l’intento del Comitato (che non è una Associazione), evidenziare
questi valori, dare voce ad una categoria forse non economica ma certo di
grande valenza sociale, purtroppo generalmente
trascurata: i residenti.
Il
Comitato è spesso presente nella cronaca locale con singoli interventi
cortesemente diffusi dai media cittadini, qui si vorrebbe esporre qualche
riflessione in chiave più generale, al di là delle recenti indicazioni emerse
dalla classifica nazionale sulla qualità della vita che vede Lucca ridotta ad
occupare la 66^ posizione tra le province italiane.
In
estrema sintesi il punto è questo: come possa un piccolo aggregato urbano,
artisticamente e storicamente ragguardevole,
da intendere come bene culturale in sé, con un tessuto delicato e ben
definito, armonico per dimensioni ed infrastrutture, come possa reggere l’urto
della dilagante turistizzazione dell’economia cittadina, senza stravolgimenti
della sua specificità, della sua identità.
Questo
Comitato, pur consapevole e rispettoso
delle altrui tesi, vuole riaffermare la centralità del problema residenza. Un
centro storico non vive senza abitanti, senza una comunità legata da antiche
tradizioni e in cui vivono persone che condividono regole, usanze e
comportamenti. Occorre riportare la residenza nel suo luogo naturale, come
decisamente afferma Cervellati: “Senza di
loro non ci può essere vita. Senza
residenti non c’è città. Né storica né d’altro tipo”.
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